Spread Btp-Bund sotto 100 punti: cosa significa davvero e perché è tornato ai livelli del 2021

Lo spread tra Btp e Bund è sceso sotto i 100 punti base per la prima volta dal 2021. Un segnale positivo, ma da interpretare con cautela: ecco cosa significa davvero, quali fattori lo hanno determinato e perché le parole di Giorgia Meloni hanno acceso la polemica politica.
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Lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi è sceso sotto la soglia psicologica dei 100 punti base, toccando i minimi da settembre 2021. Un segnale accolto con entusiasmo da Palazzo Chigi, dove la premier Giorgia Meloni ha parlato di un’Italia “più sicura della Germania” agli occhi dei mercati. Ma è davvero così? Cosa indica il calo dello spread, e quali fattori lo hanno determinato?

A tal proposito, in questo approfondimento analizziamo che cos’è lo spread Btp-Bund, perché il recente ribasso non significa necessariamente che i titoli italiani siano meno rischiosi, e cosa c’entrano il rating, i rendimenti e le politiche fiscali dei principali Paesi europei. 

Che cos’è lo spread Btp-Bund e perché conta

Lo spread Btp-Bund misura la differenza tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani (Btp) e quelli tedeschi (Bund) con scadenza decennale. È un indicatore molto osservato dai mercati finanziari perché riflette il livello di fiducia degli investitori nella solidità economica e politica di un Paese.

Quando lo spread scende, significa che la differenza di rendimento tra i Btp e i Bund si riduce: in genere questo viene interpretato come un segnale positivo per l’Italia, perché suggerisce una minore percezione del rischio. Al contrario, un aumento dello spread indica che gli investitori chiedono un premio più alto per comprare titoli italiani, giudicati più rischiosi rispetto a quelli tedeschi.

Il livello di 100 punti base (cioè 1 punto percentuale) è considerato una soglia simbolica: quando lo spread scende sotto questa cifra, come accaduto il 14 maggio 2025, si parla spesso di “svolta” o di ritorno alla normalità. D’altronde, era da settembre 2021 – ai tempi del governo Draghi – che non si registrava un valore così basso.

Tuttavia, è importante chiarire un punto: uno spread di 100 punti non significa che i Btp siano “più sicuri” dei Bund, come ha sostenuto la premier Meloni in Aula. I Bund continuano a offrire rendimenti più bassi proprio perché sono considerati meno rischiosi. La discesa dello spread può infatti dipendere non solo da una maggiore fiducia nell’Italia, ma anche da un aumento dei rendimenti dei titoli tedeschi, come sta accadendo in queste settimane complice l’annuncio di nuove spese militari da parte di Berlino.

Perché allora lo spread è sceso sotto i 100 punti?

Il ritorno dello spread sotto quota 100 non è soltanto il frutto di una maggiore fiducia nei confronti dell’Italia, ma il risultato di una combinazione di fattori economici e geopolitici, alcuni dei quali esterni al nostro Paese.

Innanzitutto, ha pesato la promozione del rating italiano da parte di Standard & Poor’s, che ad aprile ha rivisto al rialzo la valutazione del debito sovrano da “BBB” a “BBB+“. Una decisione motivata dal percorso di progressivo risanamento dei conti pubblici e dalla stabilità politica garantita dal governo in carica. Un segnale incoraggiante per i mercati, anche se l’Italia resta ancora lontana dai livelli di rating delle principali economie europee.

In secondo luogo, a determinare il restringimento dello spread è stato l’aumento del rendimento dei Bund tedeschi, passato dal 2,69% al 2,7% il 14 maggio: un rialzo legato alle nuove politiche di spesa annunciate dalla Germania, in particolare sul fronte della difesa, che ha spinto gli investitori a chiedere rendimenti più alti anche sui titoli considerati più sicuri. Nello stesso giorno, anche il rendimento del Btp decennale è salito, al 3,7%, mantenendo invariato il differenziale di 100 punti base. Dunque, non è stato il Btp a diventare più sicuro, ma piuttosto il Bund a diventare leggermente più rischioso agli occhi del mercato.

A questo si aggiunge un contesto internazionale in cui gli investitori stanno riducendo l’esposizione sui Treasury americani – penalizzati da un debito federale in forte crescita – e guardano con maggior favore all’Eurozona. L’Italia, grazie a rendimenti più alti rispetto a Francia e Germania, e a una domanda sempre vivace nelle aste del Tesoro, è riuscita a catalizzare parte di questi flussi di capitale. Tant’è che il nostro Paese ha già coperto quasi la metà del fabbisogno annuo di emissioni, registrando richieste record in occasione delle ultime operazioni sul mercato.

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