In un contesto internazionale sempre più instabile, anche l’Italia si prepara a rafforzare la propria capacità di risposta in caso di emergenza. Sta infatti per iniziare l’iter parlamentare di una nuova legge che punta a istituire una riserva militare ausiliaria, un bacino di ex militari volontari pronti a essere richiamati in servizio in situazioni straordinarie.
L’annuncio è arrivato dal presidente della Commissione Difesa della Camera, Nino Minardo (Lega), che ha fissato per l’8 luglio 2025 l’inizio dei lavori. La proposta, sostenuta trasversalmente anche dal Partito Democratico, mira a unificare due testi: quello presentato dallo stesso Minardo e quello a firma del deputato dem Stefano Graziano. L’obiettivo è costruire un sistema di mobilitazione rapida che consenta di far fronte a crisi gravi, conflitti o emergenze nazionali, senza dover ricorrere a una leva obbligatoria generalizzata.
Ma chi saranno i riservisti? Quali obblighi dovranno rispettare? E in quali casi potranno essere richiamati alle armi? In questo articolo spieghiamo come funzionerà la riserva militare, chi potrà farne parte e quali scenari ne giustificherebbero l’attivazione.
Cos’è la riserva militare e perché nasce
La riserva militare ausiliaria è un nuovo strumento pensato per rafforzare la prontezza operativa dello Stato italiano in caso di crisi. Si tratta di un bacino di ex militari volontari, selezionati tra coloro che hanno già completato un periodo di servizio nelle Forze armate e che risultano idonei sotto il profilo psicofisico. Questi cittadini, pur essendo congedati, manterrebbero uno status speciale di riservisti per un periodo determinato, durante il quale potrebbero essere richiamati in servizio in caso di necessità.
L’obiettivo dichiarato della legge è duplice: da un lato, compensare la carenza strutturale di personale militare dovuta a limiti numerici, tagli alle spese per la Difesa e scarso appeal della carriera militare tra i giovani; dall’altro, anticipare scenari di emergenza, garantendo una forza addestrata e pronta all’impiego rapido, senza dover ricorrere alla riattivazione di una leva obbligatoria generalizzata.
L’Italia segue così l’esempio di altri Paesi europei, come l’Austria, dove la riserva militare è già attiva e funziona come complemento strategico alle forze regolari. La proposta italiana, tuttavia, si presenta come una risposta ancora più mirata e pragmatica alla crescente instabilità geopolitica, che vede la sicurezza nazionale tornare al centro dell’agenda politica dopo anni di relativa marginalizzazione del tema difesa.
Chi potrà farne parte e quali obblighi comporta
Secondo la proposta di legge presentata da Nino Minardo e sostenuta anche dal Partito Democratico, la riserva militare sarà composta esclusivamente da ex militari, congedati senza demerito, che abbiano prestato servizio come volontari in ferma triennale o iniziale. L’adesione sarà su base volontaria, ma vincolata a requisiti di idoneità fisica e psicologica, oltre che a una disponibilità attiva per cinque anni dal congedo, eventualmente rinnovabili. In fase di discussione parlamentare si valuta inoltre la possibilità di estendere l’accesso alla riserva anche a ex membri delle Forze dell’ordine, anch’essi dotati di formazione specifica e spirito operativo.
Entrare a far parte della riserva militare comporta una serie di obblighi precisi. I riservisti dovranno infatti garantire reperibilità costante, comunicando ogni eventuale cambio di domicilio alle autorità competenti. Ogni anno saranno tenuti a sottoporsi a controlli medici per la verifica dell’idoneità al servizio e a partecipare a corsi di aggiornamento e addestramento della durata minima di due settimane l’anno. Questi percorsi saranno fondamentali per il mantenimento delle qualifiche acquisite durante il servizio attivo, e serviranno a garantire che i riservisti restino una forza pronta, formata e pienamente operativa in caso di mobilitazione.
L’impianto normativo mira dunque a creare un corpo intermedio tra il cittadino civile e il militare attivo, formato da professionisti già addestrati, da attivare in caso di emergenza senza dover ricorrere a un reclutamento improvvisato o a una generalizzata militarizzazione della popolazione.