Come sono andati i negoziati di Istanbul per la pace in Ucraina

Primi colloqui di pace tra Russia e Ucraina a Istanbul: scambio di prigionieri, tensioni diplomatiche e ruolo di Trump ed Erdogan nei negoziati.
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Dopo oltre tre anni di guerra, Russia e Ucraina si sono sedute di nuovo allo stesso tavolo

Il primo round di negoziati diretti tra le delegazioni dei due Paesi, ospitato dalla Turchia nel palazzo di Dolmabahce a Istanbul, si è concluso con un timido passo avanti: l’accordo per lo scambio simultaneo di mille prigionieri per parte, il più significativo dall’inizio del conflitto. 

Ma l’obiettivo più ambizioso – una tregua o un vero processo per la pace – appare ancora lontano. 

D’altronde, l’assenza di Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky dal vertice ha confermato la distanza tra le parti, mentre sullo sfondo si muovono gli attori internazionali: la diplomazia turca, l’Unione Europea e soprattutto il presidente americano Donald Trump, ormai sempre più al centro della scena.

Come sono andati i negoziati e cosa è stato deciso

Il vertice tra le delegazioni russe e ucraine a Istanbul, il primo negoziato diretto dal 2022, si è svolto in un clima piuttosto teso caratterizzato dall’assenza dei rispettivi capi di Stato

L’incontro, mediato dalla Turchia e presieduto dal ministro degli Esteri Hakan Fidan, ha portato a un accordo concreto: lo scambio simultaneo di 1.000 prigionieri per parte, per un totale di 2.000 persone. 

Un segnale di distensione, giudicato da Mosca come un “risultato soddisfacente” e definito da Kiev un “atto dovuto per costruire fiducia”. Le due parti hanno inoltre concordato di confrontarsi per iscritto sulle condizioni necessarie per arrivare a un cessate il fuoco e hanno lasciato aperta la porta a nuovi incontri. Ma le posizioni restano lontane e, secondo fonti ucraine, alcune delle richieste russe – come il riconoscimento dei territori occupati – sono apparse provocatorie, tanto da rischiare di minare il fragile dialogo.

A pesare sull’esito del vertice è stata soprattutto l’assenza dei leader: né Vladimir PutinVolodymyr Zelensky hanno preso parte ai colloqui. 

Il presidente ucraino, inizialmente ad Ankara, ha lasciato la Turchia prima della conclusione dell’incontro per recarsi a Tirana, dove ha incontrato Emmanuel Macron, Friedrich Merz, Keir Starmer e Donald Tusk

Insieme hanno chiamato Donald Trump per discutere del negoziato e delle prospettive di pace. L’ex presidente americano – ora figura chiave del nuovo equilibrio geopolitico – ha ribadito che solo un incontro diretto tra lui e Putin potrà sbloccare la situazione. 

Intanto, dalla Francia è arrivata una dura presa di posizione: “La Russia non vuole davvero una tregua”, ha dichiarato Macron, invocando una maggiore pressione da parte dell’Occidente. Mosca, invece, ha ribadito la propria disponibilità a proseguire i colloqui, pur ritenendo “irricevibili” alcune condizioni poste da Kiev, come il ritiro dai territori occupati e la fine incondizionata delle ostilità.

Le prospettive

Nonostante le distanze restino profonde, il vertice di Istanbul ha segnato un possibile punto di ripartenza. Il fatto stesso che le delegazioni si siano incontrate dopo tre anni di guerra viene interpretato come un segnale, seppur fragile, di volontà negoziale. 

La Turchia, che si propone ancora una volta come ponte tra Oriente e Occidente, ha confermato l’intenzione di continuare a mediare, favorendo un nuovo round di colloqui. Le parti si sono impegnate a formalizzare le rispettive proposte per un cessate il fuoco e, almeno in linea di principio, hanno accettato di rivedersi. 

Tuttavia, senza un impegno diretto dei leader e con richieste che restano inconciliabili – da un lato Mosca chiede il riconoscimento delle annessioni, dall’altro Kiev rivendica l’integrità territoriale e un percorso verso l’UE e la Nato – ogni passo avanti rischia di essere solo tattico. Il rischio, secondo molti osservatori, è che i negoziati servano più a prendere tempo sul campo che a costruire davvero la pace.

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